Secondo gli esperti nel giro di pochi anni si potrà raddoppiare la quantità di cibo recuperata in Ita lia dalle organizzazioni no profit e caritative, e do- - nata agli oltre 16 milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà. Ce ne siamo resi conto nelle quattro tappe della nostra inchiesta tra Livorno, Viterbo, Piombino e Roma dove abbiamo incontrato i protagonisti della solidarietà che grazie a Coop gestiscono mense, assistono le famiglie bisognose, preparano e distribuiscono pacchi di generi alimentari che al trimenti andrebbero nel cassonetto dei rifiuti. Una legge che consentiva di destinare a Buon Fine (è proprio questo il nome che è stato dato al progetto sostenuto dalla Coop) tonnellate di merci non più vendibili commercialmente (confezioni am maccate, scadenze troppo ravvicinate ecc.), ma ancora buone da mangiare, c’era già. L’avevano chiamata Legge del Buon Samaritano come il protagonista della parabola di Gesù narrata nel Vangelo di Luca: il Buon Samaritano che soccorre il pover’uomo aggredito e spogliato dai briganti mentre scendeva da Gerusalemme a Gerico. La nuova legge non ha un nome così importante, ma fa fare molti passi in avanti a tutti noi che abbiamo a cuore il controllo degli sprechi. «L’Italia si è dotata di una legge organica sul recupero delle eccedenze e sulla loro donazione per solidarietà sociale – afferma la promotrice della legge, Maria Chiara Gadda –. Dobbiamo esserne orgogliosi, perché siamo i primi in Europa ad averlo fatto».
Stato di conservazione
Solo nel 2015 le Coop hanno desti nato ben 5.143 tonnellate di derrate alimentari ad oltre 800 organizzazio ni di volontariato: ciò significa 6 mi lioni di pasti a persone in difficoltà, che ora – grazie alla nuova normativa – potranno essere elargiti con minor burocrazia e comprendendo prodotti prima classificati come “scaduti”. La nuova legge, infatti, chiarisce, tra le altre cose, la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di con servazione. Quest’ultimo, usato nei prodotti secchi (quelli caratterizzati dalla dicitura: “da consumarsi pre feribilmente entro...”), non è più un limite invalicabile, piuttosto indica un progressivo peggioramento delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali di un prodotto che è ancora perfettamente commestibile: una scatola di piselli o una confezione di pasta “brutte ma buone” non finiranno nel cassonetto dei rifiuti solo per questo. «La legge riconosce le numerose buone pratiche esemplari che da tempo esistono nel nostro Paese, e prova a “cucirle insieme”, incentivandole e senza imbrigliarle dall’alto – spiega l’onorevole Gadda –. La sfida che vogliamo vincere, utilizzando al meglio la nuova legge, riguarda i prodotti che in questi anni è stato più complesso gestire: il pane, i prodotti freschi e freschissimi, il cibo cotto». Un altro articolo di legge allunga infatti la vita dei prodotti finiti della panificazione, che ora possono essere donati entro 24 e non 12 ore dall’uscita dal forno. Il che consentirà a grandi quantità di pane fresco invenduto di raggiungere mense e abitazioni dove il pane è ancora l’alimento più prezioso.
Una buona legge
Ma la legge contiene anche altri strumenti innovativi come, ad esempio, la possibilità di donare i beni confiscati e la possibilità per i volontari di raccogliere i prodotti agricoli che spesso rimangono a terra. «Inoltre – prosegue Gadda – entrano nel nostro ordinamento le definizioni di “spreco” ed “eccedenza” e, attraverso i 18 articoli contenuti nel provvedimento, si è fatto ordine in una normativa che era davvero troppo complessa e ridondante. L’approccio scelto è quello dell’incentivazione: pensare di punire chi non dona è un modo semplicistico e inefficace di risolvere il problema». Il nuovo impianto normativo sugli sprechi alimentari è considerato unanimemente all’avanguardia, eticamente valido e un esempio per l’Europa. «Non a caso – fa notare Stefano Bassi, presidente di Ancc-Coop – la bozza avviata alla consultazione dalla Ue, che sta definendo in questo periodo le linee guida sulla donazione di cibo, riprende buona parte del contenuto della normativa italiana». I cambiamenti, ai quali Coop ha dato un importante contributo durante tutto il corso dell’iter parlamentare, sono tutti in positivo. In particolare per due aspetti fondamentali: la semplificazione amministrativa (pur senza nulla concedere al rigore e alla trasparenza anche in ambito fiscale e sanitario) e l’allargamento della platea degli enti destinatari delle eccedenze alimentari che oggi, per inciso, costano all’Italia 12,5 miliardi all’anno e che è giusto vadano a “buon fine”, non nella spazzatura.
Tagliare gli sprechi
Occorre sottolineare che i maggiori scempi si consumano proprio in casa (il 42 per cento del totale del cibo gettato) dove si sprecano alimenti per 8 miliardi di euro l’anno. Seguono gli impianti di trasformazione industriale che perdono 2 milioni di tonnellate di prodotto l’anno. Quindi le materie prime rimaste nelle campagne, 1,4 milioni di tonnellate, e infine la distribuzione commerciale, con 300mila tonnellate, l’equivalente di uno scarno 5 per cento massimo di sprechi (ma Coop ne rileva circa il 3 per cento). Tutto ciò innescherà un’azione di contrasto più efficace alla povertà crescente nel nostro paese, assieme a ricadute virtuose sull’ambiente grazie alla riduzione dei rifiuti, realizzando – con il recupero delle eccedenze alimentari – un esempio importante di quell’economia circolare su cui punta decisamente l’Unione europea. Un punto importante è che non sarà più necessario essere una onlus per ricevere le donazioni. «La nuova legge – spiega ancora Bruzzone – riconosce la legittima opportunità di ricevere le donazioni a tutti quei soggetti, che noi sappiamo essere la maggioranza, impegnati nel contrasto all’indigenza, anche se non organizzati e riconosciuti giuridicamente come onlus. Mi riferisco a una miriade di piccole associazioni locali e di strutture decentrate o associate a grandi organizzazioni, come la Caritas, la San Vincenzo de Paoli, l’Auser, l’Arci, le Società di mutuo soccorso, gli stessi Enti pubblici territoriali, con cui lavoriamo da decenni».
Senza scopo di lucro
Tutte realtà molto serie e affidabili che abbiamo conosciuto da vicino e che non ci hanno mancato di segnalare le difficoltà da superare per rispettare i vincoli della precedente legge. La nuova normativa si limita a richiedere che i donatari devono semplicemente essere enti pubblici o privati “senza scopo di lucro” che svolgano “attività solidaristica”. Inoltre istituisce una gerarchia nella cessione dei prodotti, fermo restando il vincolo della gratuità, i quali dovranno servire prioritariamente al consumo umano, secondariamente a quello animale, in ultima battuta ad autocompostaggio o compostaggio anaerobico. Tra le principali novità introdotte c’è anche l’estensione del recupero ai farmaci e ad altri prodotti non meglio precisati, probabilmente quelli destinati all’igiene e alla pulizia della casa e della persona nonché gli indumenti. Sulle modalità del salvataggio dei medicinali ancora utilizzabili qualcosa in più dirà a breve un decreto del Ministero della Salute
Coop contro gli sprechi: i numeri del recupero a fini solidali nel 2015
500 e più i punti vendita Coop in cui è attivo il servizio di recupero delle eccedenze a fini solidali.
16 le regioni italiane (e 78 le province) coperte dal servizio.
5.143 tonnellate la quantità di derrate alimentari donate da Coop alle onlus. 800 e più le organizzazioni di volontariato che hanno ricevuto il cibo commestibile.
6 milioni i pasti garantiti a persone in difficoltà grazie a questo servizio garantito da soci e dipendenti Coop