Clima sociale

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17 Giugno 2017
Il cambiamento climatico e le migrazioni forzate, causa di conflitti e tensioni
di Luca Mercalli

La grave siccità che ha colpito la Siria prima del 2011 è stata tra le cause della guerra civile che tuttora divampa in Medio Oriente: la pessima politica agricola del Governo siriano aveva reso vulnerabile la produzione agroalimentare e l’anomala carenza idrica ha costretto milioni di piccoli produttori a una migrazione interna verso le città, sfociata poi in scontri di popolo e nella crisi bellica. I cambiamenti climatici non potranno che peggiorare situazioni di questo genere. Ora la siccità sta infierendo sul Corno d’Africa e sullo Yemen, esacerbando tensioni di regioni già instabili.
C’è poi il problema dell’aumento del livello marino con gli atolli corallini del Pacifico, come le isole Carteret, Tuvalu e Salomone, che vedono già i primi provvedimenti di evacuazione delle comunità più minacciate dalle acque. Per ora si tratta di poche migliaia di persone, ma come faremo quando saranno scacciati i milioni di abitanti del Bangladesh, del delta del Nilo, della Florida? Per non parlare di Venezia e Rovigo. Non scenari da fantascienza, ma che rientrano nelle proiezioni dell’Inpianeta terra di Luca Mercalli Clima sociale Il cambiamento climatico e le migrazioni forzate, causa di conflitti e tensioni. tergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) per questo secolo, al termine del quale, a seconda delle politiche di riduzione o meno delle emissioni, i mari potranno aumentare tra 50 e 100 centimetri.
Il World Economic Forum colloca i cambiamenti climatici e le migrazioni di massa ai primi posti tra i rischi globali nel suo Global Risks Report 2016. Da qui all’esplosione dei conflitti tra diverse regioni del mondo il passo è purtroppo breve come dimostra l’insofferenza per il dramma dei migranti nel Mediterraneo o tra Messico e Usa. E si tratta di numeri per ora molto più piccoli di quelli attesi in futuro. Eppure lo status di profugo climatico o ambientale non è ancora riconosciuto. Lo scrittore Bruno Arpaia ha immaginato un’Italia desertificata tra non molti decenni, dove una miserabile colonna di profughi climatici da Napoli cerca di raggiungere la salvifica frescura della Scandinavia: Qualcosa là fuori (Guanda, 2016) è il titolo del romanzo, etichettato come climate fiction, ma è più realistico di quanto si pensi.

È sempre più urgente dunque la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma serviranno anche uno sforzo di adattamento alle nuove condizioni e meccanismi di aiuto e solidarietà internazionale per prevenire gli attriti in un mondo che a metà secolo sarà popolato da oltre 9 miliardi di persone.