Dove non arrivano gli occhi, viene in aiuto la tecnologia, aumentando la realtà e tutto ciò che ci circonda. Il successo globale di Pokemon Go ha reso famosa anche la tecnica che vi sta dietro, un complesso sistema di sensori e visori che è conosciuta semplicemente come realtà aumentata (Ar, augmented reality). Meno nota della realtà virtuale, che invece permette di muoversi e vivere una simulazione del mondo ricreata al computer, l’Ar arricchisce l’ambiente intorno a noi con elementi digitali con cui è possibile interagire.
Oltre la realtà
La caccia ai mostriciattoli del gioco l’ha portata alla ribalta, accendendo nel grande pubblico un vivo interesse per le sue potenzialità. Perché l’Ar va ben oltre semplici e spesso futili giochi di massa, trovando sempre nuovi impieghi. Cosmesi, moda, pubblicità, turismo, sanità e istruzione sono solo alcuni dei campi in cui questa tecnologia ha grandi potenzialità. Alcune già sotto i nostri occhi. «La realtà aumentata sta finalmente trovando spazio in molti campi. Anche se non è una tecnologia nuova – spiega Franco Tecchia, ricercatore e professore di ingegneria presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa –. Realtà aumentata e virtuale affondano le loro radici, tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, nei lavori del ricercatore Ivan Sutherland. Poi furono usate varie tecnologie, come dei tubi catodici inseriti in un casco da indossare appeso al soffitto. Solo con la miniaturizzazione e lo sviluppo di sempre nuove e migliori tecnologie – precisa Tecchia – l’Ar sta trovando impieghi pratici. Oggi possiamo creare comodi visori in grado di darci informazioni utili su quanto ci circonda».
Visione del mondo
Ecco allora il visore in dotazione ai chirurghi in grado di dare in tempo reale informazioni vitali e indicazioni specifiche su come intervenire; un visore simile lo si può applicare in ingegneria, per la messa a punto e la riparazione di macchinari complessi, proprio come l’elmetto, progettato dall’azienda italiana VRMedia, spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con l’Enel, e denominato Smart Helmet. «È uno strumento che consente agli operatori sul campo di collegarsi, via audio e video, con i colleghi in remoto e di agire al meglio in contesti complessi – afferma Tecchia –. Si tratta di un esempio evidente della portata di questa tecnologia. Ma anche dei suoi limiti». Ad oggi gli unici esempi di successo sono quelli rivolti a un pubblico di professionisti, un mercato di nicchia che richiede strumenti precisissimi e di alto livello, con costi quindi molto elevati. Mentre per il grande pubblico la messa a punto di un visore accessibile e interessante è ancora lontana. Google è stata la prima a provarci: miliardi investiti in uno dei peggiori fallimenti degli ultimi anni, i tanto attesi Google Glass. Alla fine, per proporli sul mercato a un prezzo ragionevole avevano creato un visore con cui si sarebbe potuto fare ben poco.
Campo di applicazione
«Ora aspettiamo di vedere gli HoloLens di Microsoft, la prossima mossa di Apple e il misterioso nuovo progetto di Google, Magic Leap. Per ora l’unica cosa certa è che stanno tutti richiamando investimenti con cifre da capogiro», aggiunge Tecchia. Ma sono altri i successi della Ar. Perché se la presenza di un visore, elmetto o occhiali che sia, fa lievitare i prezzi, allora non resta che eliminarla. Lasciando il software sotto forma di comoda app scaricabile sul proprio dispositivo mobile: lo smartphone diventa così il filtro con cui aumentare la realtà senza costi aggiuntivi. Dunque Pokemon Go è solo la punta dell’iceberg: ci sono applicazioni per il make up, quelle per la pubblicità, per il turismo, per le traduzioni. Elencarle tutte sarebbe davvero lungo, ma ce ne sono per tutti i gusti. E saranno soprattutto i videogiochi ad essere rivoluzionati, entrando un po’ di più nella nostra realtà. Aumentandola.