Corsi di cucina

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Riscoprire e valorizzare la lunga tradizione della cucina casalinga che oggi rischia di perdersi. Ecco un compito di cuochi e istituti alberghieri.
di Massimo Montanari

Se far cucina è la più antica attività domestica e la prima espressione della cultura umana, antico è anche il mestiere di cuoco, di cui abbiamo notizia fin da quando esiste una letteratura scritta. Cuochi, con le loro ricette, esistevano nelle prime civiltà mediterranee, in Mesopotamia, in Grecia, a Roma. Cuochi esistevano in Cina, in India, nelle altre grandi civiltà antiche. Certi cuochi facevano parlare di sé per le straordinarie invenzioni di cui erano capaci. Altri lavoravano più discretamente nelle cucine dei loro datori di lavoro (i re, i nobili, talvolta i ricchi mercanti). I più intraprendenti lasciavano traccia dei loro saperi e delle loro esperienze, cimentandosi nella scrittura di libri di cucina. Di quelli dell’antica Roma, uno solo ci è giunto intero, grazie alle trascrizioni che ne furono fatte nel Medioevo: è quello, famoso, attribuito ad Apicio. In Occidente, i testi di cucina si moltiplicano a iniziare dal XIII-XIV secolo. I primi sono anonimi, poi cominciano ad apparire quelli “firmati”: il francese Taillevent è autore di un ricettario trecentesco e nel secolo successivo Maestro Martino (il più celebrato cuoco del Quattrocento italiano) compone una sintesi magistrale di cultura gastronomica, con la collaborazione dell’umanista Platina.

Da allora in poi la letteratura culinaria si espande progressivamente, in quantità e qualità. I due capolavori del Rinascimento italiano sono il ricettario di Cristoforo Messisbugo, cuoco alla corte di Ferrara, e quello di Bartolomeo Scappi, cuoco alla corte del pontefice romano, prototipo del professionista consapevole della sua capacità, orgoglioso di un lavoro che lo appaga e che descrive con competenza e precisione, fino a fornire, nelle tavole che completano il volume, una straordinaria documentazione iconografica degli strumenti di cucina, coltelli e pentole, forcine e macchine per lavorare la pasta, il latte, la carne. Ai cuochi di oggi spetta un compito in più, forse imprevisto, ma che sta diventando fondamentale: il recupero e la conservazione della cucina di casa. La tradizione della cucina domestica rischia, infatti, di perdersi nel mutare degli stili di vita, nei cambiamenti del ritmo lavorativo e dei rapporti economici e sociali.

Pare quasi un paradosso, ma è proprio fuori di casa che oggi sembra possibile raccogliere i frammenti di una cultura sedimentata che sarebbe un peccato dimenticare. Per questo credo che gli istituti alberghieri non debbano limitarsi a trasmettere i fondamentali della cucina professionale, ma abbiano il dovere (etico, direi) di concentrare i loro sforzi anche nello studio e nella valorizzazione della cucina casalinga. Così questo antico mestiere sarà ancora più importante di quanto già non sia stato per secoli.