La città di Scicli fonda la sua economia quasi totalmente sull’agricoltura intensiva, come tutta la pianura ragusana, le cui primizie orticole hanno fatto la fortuna di questa provincia.
E ancora: agrumi, olio, carrube, vino, mandorle, coltivati in campi delimitati da file ordinate e infinite di muretti a secco che ricamano tutto l’altopiano degli Iblei e che derivano da spietramenti fatti nel corso dei secoli. Accanto alle colture più ricche, un gruppo di agricoltori sciclitani ha custodito anche un fagiolo: il cosaruciaru – in dialetto cosa dolce – che si riconosce per via del suo colore bianco panna con piccole screziature marroni intorno all’ilo. La sua coltivazione risale all’inizio del Novecento, quando il cosaruciaru, detto anche casola cosaruciara, aveva il suo peso nell’economia agricola locale. Al tempo gli era riservata un’area speciale, le cannavate, fatta di terreni alluvionali, freschi e permeabili, localizzati lungo il torrente Modica-Scicli.
I coltivatori – detti ciumarari, da ciume (cioè fiume, in siciliano) – nel periodo del raccolto lo portavano in città sui carrettini e lo vendevano ai negozianti locali spuntando un buon prezzo. Allora si vendeva in grandi sacchi presenti in tutti i negozi di alimentari della città. Poi è quasi del tutto scomparso e solo alcuni affezionati contadini lo hanno coltivato nei propri orti per non perdere la possibilità di mangiarlo in una buona zuppa di verdure o con le cotiche. Il cosaruciaru è una pianta annuale non rampicante con due cicli produttivi, di cui uno primaverile-estivo che serve a produrre seme fresco per la semina del periodo autunnale.
Un Presidio ha riunito gli agricoltori di Scicli che ancora coltivavano cosaruciaru, alcuni dei quali hanno circa ottant’anni, e sono stati proprio loro i protagonisti principali di questo recupero mettendo su carta un disciplinare di produzione che ne garantisca la conservazione e la coltivazione sostenibile. I semi sono conservati e riprodotti dagli stessi contadini del Presidio, che hanno appezzamenti di terreno di ridotte dimensioni, poche centinaia di metri quadrati ricavati, a volte, su strisce di terreno in mezzo alle serre.