D’in su la vetta

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Ciaspolate e arrampicate sul ghiaccio, eliski, escursioni di giorno e di notte, fiaccolate sui laghi ghiacciati, aperitivi e cene in quota. Ma per un Capodanno sulle Alpi solitario e al ritmo della natura l’alternativa c’è
di Alessandra Bartali

Sono una delle poche icone che racchiudono il signifi cato di Europa, le Alpi. Sono il tetto dell’Europa e su quel tetto o immediatamente sotto vivono circa 16 milioni tra italiani e francesi, svizzeri e tedeschi, austriaci, sloveni e pure cittadini di Ungheria e Liechtenstein. Addirittura gli inglesi hanno un certo senso di appartenenza nei confronti di quelle montagne distanti centinaia di chilometri: sono stati loro a scoprirne per primi il fascino invernale quando, intorno al 1860, un certo Thomas Cook – fondatore della prima agenzia di viaggio d’Europa – iniziò ad organizzare degli inediti viaggi di massa nelle località svizzere di St. Moritz e Davos. Infreddolitissimi inglesi, ignari dei benefici di tessuti come pile e laminati, iniziarono a sperimentare la pazzia del pattinaggio sul ghiaccio, ben prima che a qualcuno venisse in mente di imitare gli scandinavi mettendosi ai piedi quegli attrezzi lunghi e scivolosi chiamati sci

Certo che sci

A lungo gli sci sono stati un vero e proprio lasciapassare per le Alpi d’inverno, dove la regola era una: no sci, no party. Una monotonia rotta poi da snowboard, gite in motoslitta, escursioni con le ciaspole e arrampicate su ghiaccio, mentre anche gli sci si sono affrancati dall’automatismo seggiovia-discesa a slalom: la montagna si può scalare anche in inverno con lo scialpinismo, e quasi nessun crinale è più off limits con l’eliski, dove la risalita è in elicottero. Oltre a tutto questo, c’è il cosiddetto après-ski per i cosiddetti slon, un acronimo inglese che indica gli amanti della neve non sciatori: il divertimento fatto di aperitivi e cene in quota, dj-set notturni nei rifugi con discese a valle via gatto delle nevi e, per ora solo nel Tirolo, veri e propri igloo di ghiaccio dove godersi apericena con musica chill-out e nottate in suite. La macchina organizzativa è all’opera da novembre a marzo, figuriamoci a Capodanno, quando le montagne sembrano perdere totalmente la loro naturale connotazione d’inaccessibilità: nei fortini immersi nei boschi si organizzano cene e dopocena per centinaia di ospiti, spesso abbinando la serata di San Silvestro a quelle che vengono chiamate esperienze di fine anno.

Montagne di neve

Per evitare di ridurre la festa al solito trenino brigitte-bardot-bardot, ancorché in quota, ci si ingegna escogitando fiaccolate sui laghi ghiacciati, escursioni diurne e notturne con le ciaspole, gare di fat-bike (chiamate anche bici da neve) e orienteering con colazione nel bosco. Garantendo in anticipo, vista la progressiva mitezza degli inverni, percentuali sempre maggiori di zone eventualmente coperte da innevamento artificiale. La domanda che si fanno le guide alpine è una sola ed è retorica: «C’è spazio per tutti?». Non si tratta tanto di valutare che grado di autenticità possa avere l’esperienza di trasferire abitudini cittadine in contesti montani. La questione è più pratica: le discese in sci in zone incontaminate, il rumore infernale delle motoslitte, ma anche le ciaspolate a qualsiasi ora del giorno e della notte e i tour fotografici di chi vuole assolutamente un poster autoprodotto della pernice bianca hanno un fortissimo impatto sull’ecosistema, per non parlare dell’innevamento artificiale che queste attività richiedono. Le 100 tonnellate di neve farlocca trasportate nel giro di due giorni in elicottero nella zona sciistica di Sainte-Foy, l’inverno scorso, è una realtà diffusa. E se si desiderano esperienze montane di un certo tipo, lo sarà sempre di più, visto che secondo dati ufficiali negli ultimi 50 anni i ghiacciai italiani si sono ridotti del 30 per cento. Le guide alpine puntano sull’educazione degli autoctoni, a cominciare da quelli in età scolare, chiamati ad invocare la regolamentazione di certe attività (come l’eliski, per ora completamente randagio), a vigilare e a ripensare un’offerta turistica ormai insostenibile.

Belle di natura

C’è chi questa tendenza ha già provato ad invertirla: alcune località transalpine si sono consorziate nell’offerta di vacanze senz’auto (esistono Comuni capofila, e naturalmente sono svizzeri: nel paese di Zermatt, per esempio, le auto non entrano dal 1961), mentre da qualche anno Legambiente ha lanciato la campagna Nevediversa: passeggiate in bellissime vallate semi abbandonate e minacciate dall’emigrazione (davvero si vogliono finanziare ancora gli imprenditori degli alberghi anni Sessanta a Chamonix e Cervinia?), ciaspolate (magari senza presentarsi al ritrovo col Suv), degustazione di prodotti tipici nei rifugi, escursioni in una miriade di borghi incantevoli. Tra questi spicca Zermatt, che dimostra come la ricerca di una comunione coi ritmi della natura non sia sinonimo di noia e trasandatezza: gli aperitivi migliori sono proprio in questa cittadina chic e mondana, mentre il sole cala tingendo di arancione il Cervino. L’atmosfera da jet set scompare a Appenzeller, dove l’unico vip è l’omonimo formaggio, ma resta la dimensione fiabesca. Così come resta anche a La Villgratental, in Austria, con le sue tradizionali case di legno e le strutture ricettive spartane per i duri e puri della montagna. A Vénosc, in Francia, si fanno passeggiate gastronomiche gratuite. E in Italia? Provate a fermarvi solo in piccole località dai nomi sconosciuti. Al ritorno avrete qualcosa da raccontare.