Giovani e forti

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27 Giugno 2016
Carne tenera e gustosa e una volta sul banco l’etichetta ne spiega la filiera. I vitelli di razza Frisona del Lazio.

Nati nel centro Italia, allevati, macellati e confezionati nel Lazio, nel rispetto delle regole del benessere animale, del sistema di alimentazione e nel segno della territorialità. Sono i vitelli da latte della Italvitelli srl, una realtà «nata come esperienza personale e professionale in questo settore da circa 25 anni, sulla scia di una tradizione di tipo familiare giunta alla quarta generazione – spiega il titolare Massimiliano Lolli –. Abbiamo una decina di dipendenti diretti, a cui si sommano circa 20 cooperative di macellai esterne, per cui l’indotto complessivo è di 30-40 persone».

Lo stabilimento in cui viene effettuata la lavorazione delle carni sorge nella zona di Roma Nord, mentre la macellazione dei vitelli avviene presso il Centro carni comunale di Roma. I vitelli da latte provengono da un allevamento di proprietà in provincia di Latina (che ne conta 420), mentre il resto dei capi viene acquistato sempre presso allevamenti del Lazio, ormai parte di un circuito consolidato. Messi in allevamento all’età di 2-4 settimane, i vitelli seguono una dieta ben definita che comprende latte in polvere e mangimi vegetali, resi obbligatori dalla normativa sul benessere animale. Tutto questo aiuta a rinforzare l’organismo dell’animale, riducendo il rischio di malattie.

A fine ciclo, quando il vitello è grasso e quindi al di sotto degli 8 mesi, in prevalenza maschio, viene mandato in macellazione, praticamente a chilometro zero. Le carni, di colore chiaro e con un ottimo gusto, vengono poi lavorate nel centro di confezionamento di Roma. I prodotti si possono acquistare, in vaschette, in quasi tutti i punti vendita di Unicoop Tirreno del Lazio, evidenziati con il marchio Allevamenti del Lazio.

La razza è la Frisona italiana, che ha come caratteristica il fatto che le fibre muscolari non tendono a crescere in maniera sproporzionata, a vantaggio della qualità e del gusto. Oltre al valore aggiunto rappresentato dallo strettissimo legame con il territorio d’appartenenza, storicamente vocato all’allevamento, e dalla filiera corta, a dire molto del prodotto e delle sue origini è anche l’etichetta. «Utilizziamo un nostro disciplinare di etichettatura, approvato dal Ministero dell’agricoltura – precisa Lolli – che prevede, oltre alle informazioni obbligatorie, anche alcune indicazioni aggiuntive facoltative, come la provincia d’allevamento, il codice e il nome della stalla». In questo modo il consumatore sa con precisione da quale stalla proviene la fettina che sta mangiando.