Me ne infisco

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Secondi in Europa solo alla Grecia per evasione: 140 miliardi di euro non versati nelle casse dello Stato che fanno dell’Italia un caso unico tra i paesi più sviluppati. La difficile guerra contro chi nasconde redditi al fisco e continua a farla franca sottraendo risorse al bilancio dello Stato.
di Antonio Fico

Fa un passo in avanti il dato del recupero di tasse, imposte e contributi: per il secondo anno di fila, supera i 14 miliardi di euro, anche grazie ad alcune misure che il Governo in carica ha preso, alcune delle quali andranno a pieno regime nei prossimi anni. Rimane il divario tra quanto si evade e quanto si riesce effettivamente a recuperare: appena il 10 per cento di quanto viene nascosto al fisco, rientra nelle casse pubbliche, anche nel 2015. Come ha denunciato Confindustria in un rapporto pubblicato a dicembre, l’evasione non solo mette in difficoltà il bilancio dello Stato, ma frena la crescita che potrebbe viaggiare a ben altre cifre: il nostro Pil – dice la relazione del Centro di ricerca dell’associazione degli industriali – con un’evasione dimezzata potrebbe essere superiore del 3,1 per cento, con un effetto in termini di occupazione di 330mila posti in più.

Teatro d’evasione

Cronaca di un problema strutturale dell’economia italiana, che è concentrata su piccole e piccolissime imprese, più a rischio evasione. Ma sarebbe sbagliato classificare il fenomeno come semplice fatalità, una tara inevitabile del sistema. Il problema, infatti, è anche politico, di consenso. Non è un caso che esitazioni e resistenze ad affrontarlo attraversino tutti gli schieramenti, sia pure in misura diversa: sì, perché gli evasori sono tanti e votano. Chi si ricorda ad esempio, l’appello di un vecchio presidente del Consiglio che riteneva giusto aggirare tasse e imposte, di fronte a una tassazione troppo elevata? Del problema se ne parla da decenni, ma a conti fatti continua ad essere lì, enorme, insormontabile. È utile fornire ancora qualche dato per dare la misura del fenomeno. L’evasione fiscale in Italia è molto più elevata di quella riscontrabile (e quindi stimabile) in altri paesi a sviluppo economico elevato. In base ai dati ufficiali, l’evasione delle quattro principali imposte del nostro ordinamento, Iva, Irpef, Ires, Irap, superava nel 2015 i 91,4 miliardi di euro. Una cifra non dissimile per le stesse imposte era stata calcolata nel 2010 dal Centro studi della Confindustria e confermata dai documenti di programmazione economica e finanziaria che si sono succeduti negli anni. A questa cifra vanno poi aggiunti i cosiddetti contributi sociali, che porta la stima per l’anno trascorso a 122,2 miliardi.

Ma non finisce qui. Altre stime – questa volta di fonte governativa – fanno anche il quadro del mancato gettito della tassa Imu: 5,5 miliardi di euro. A questa cifra va ancora aggiunta l’evasione delle accise e delle altre imposte minori, arrivando realisticamente intorno ai 140 miliardi, senza considerare l’economia illegale e criminale (altri 191 miliardi, pari al 11,9 per cento del Pil). Si tratta di poco meno di 9 punti di Prodotto interno lordo, il 20 per cento delle entrate fiscali, il 28-29 per cento delle entrate tributarie. Da 2 a 3 volte i risultati di analoghe stime effettuate in altri paesi europei.

E io non pago

Ma chi evade di più? Anche questo non è più un mistero. Già perché, se ogni singolo evasore è sconosciuto al fisco, ma in realtà non troppo (le banche dati esistono, ma è problematico coordinarle), come fenomeno aggregato è ormai accertato che ad eludere le attenzioni del fisco sono in particolare alcuni segmenti e settori della nostra economia. Quali? Se l’industria in senso stretto sfugge poco all’Agenzia delle entrate (3,1 per cento secondo le stime di Confindustria, 10-11 per cento secondo il Nens), si registrano cifre da record nell’edilizia (oltre il 40 per cento), nel commercio (appena sotto il 50 per cento) e nei servizi (circa il 35 per cento). La tassa più evasa è l’Iva, che ci pone in Europa secondi solo alla Grecia, per un valore pari – secondo le valutazioni della Commissione Europea – a 47,5 miliardi nel 2013, in aumento rispetto all’anno precedente e poco meno del 3 per cento del nostro Pil. Eppure, un’inversione di tendenza c’è. Poca roba, si dirà, ma qualcosa sta cambiando nella lotta all’evasione, e forse sarebbe meglio parlare di recupero degli incassi, anche se non mancano i segnali contraddittori.

Giro d’imposta

A portare qualche soldo in più, alcune misure che il Governo ha messo in campo a partire dal 2014 e che dovrebbero nei prossimi anni dare qualche arma in più all’Agenzia delle entrate. Ha pesato, ad esempio, l’invio di 500mila lettere a contribuenti che in base all’incrocio delle decine di banche dati disponibili, apparivano not compliant, cioè con una situazione reddituale e patrimoniale non conforme a quanto dichiarato. Tra i destinatari semplici contribuenti Irpef, un po’ di partite Iva, titolari di plusvalenze e quanti dovevano ancora per quest’anno sottostare agli studi di settore, che da quest’anno sono risparmiati a circa 800mila professionisti. A rendere possibile l’invio delle lettere, ha contribuito in maniera determinante il 730 precompilato. Ebbene, dei 210mila cittadini che non avevano compilato la dichiarazione dei redditi, circa la metà si sono messi in riga, pagando il dovuto. In meno di 3 mesi, 47mila delle 65mila partite Iva, che non avevano compilato il relativo modello, hanno risposto all’appello. Ma non c’erano solo contribuenti ordinari tra gli interpellati. Con l’operazione 730 si è arrivati, ad esempio, a quanti investono in Borsa e non erano in regola con le tasse sulle plusvalenze.

Partite... Iva

Tutto questo avviene in un anno in cui l’Agenzia delle entrate, su intervento della Consulta, è stata praticamente decapitata: la nomina di 800 dirigenti era stata dichiarata illegittima, e per il momento il Governo non è ancora intervenuto in modo deciso per rimediare alla situazione. Altra misura è il cosiddetto split-payment, cioè la possibilità per le Amministrazioni pubbliche di pagare l’Iva direttamente al fisco, evitando che sia il fornitore ad incassarla e quindi magari a non pagarla, e il reverse charge, cioè l’inversione dell’Iva, che è pagata oggi in alcuni settori da chi compra e non da chi vende. Le 2 attività, entrambe introdotte nella Legge di stabilità per il 2015, hanno fruttato 2 miliardi. Accantonato per il momento, nonostante il parere favorevole della Commissione finanza di Camera e Senato, il cosiddetto scontrino elettronico, cioè l’invio contemporaneamente al cliente e al fisco della ricevuta fiscale, che secondo il Nens potrebbe portare un serio colpo all’evasione lungo la filiera dell’Iva, con un recupero a regime di 40-45 miliardi. A marzo del 2015, intanto, l’Unione Europea sigla un accordo con la Svizzera per superare il segreto bancario e dare trasparenza ai conti depositati da cittadini europei nella Federazione Elvetica a partire dal 2018. Tutte le informazioni su nomi, indirizzi, numeri di identificazione fiscale e date di nascita dei residenti con conti in Svizzera saranno messi a disposizione oltre a un’ampia serie di informazioni contabili e finanziarie. Problema risolto, almeno su questo versante? Forse sì, ma la Svizzera non è l’unico paradiso fiscale in cui i frodatori di casa nostra continuano a far confluire ingenti redditi non dichiarati.