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27 Novembre 2018
Intervista a Luca Gemignani, coordinatore delle attività

Articolo pubblicato su NuovoConsumo del mese di dicembre 2018

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di Rita Nannelli

Ragazzi e ragazze di ogni razza e religione che costruiscono insieme un mondo migliore, più giusto. Un grande sogno del Movimento Shalom che porta sempre  in tasca nei suoi viaggi Luca Gemignani, coordinatore delle attività.

 

Perché hai scelto di far parte del Movimento Shalom? Da quanto ne coordini le attività?
«Ho scelto Shalom da quasi 35 anni, da ragazzino, perché incontrai un prete, don Donato Agostinelli, che mi  coinvolse in quest’esperienza che ha segnato profondamente tutta la mia vita. Ne coordino l'attività ormai da molti anni e Shalom non è un lavoro o un'attività di volontariato ma è uno stile di vita un modo di essere e di concepire il mondo».

 

Come vivi il progetto con Coop in Togo?  

«Il Togo è un bellissimo paese ma c'è larga parte di popolazione che vive nella povertà, nell'alfabetismo e senza lavoro. Abbiamo cercato con il progetto coopxtogoxvanda di fare qualcosa per i più poveri, per l'alfabetizzazione dei bambini, per dare lavoro e sviluppo. Il progetto, infatti, è attivo da alcuni anni e ha al suo interno un panificio che lavora quotidianamente producendo pane e dando lavoro a molte persone. 

Nel centro vengono ospitati i bambini da 3 anni in su per educarli e dare loro la formazione di base, oltre a un pasto completo poiché spesso nelle loro famiglie non si riesce a mangiare neanche una volta al giorno. Nel centro c'è anche la casa di Giacomo, un ostello per accogliere volontari e sviluppare il turismo sostenibile visto che la nostra casa si affaccia sull'oceano Atlantico».

 

    

 

Ma tu sei stato anche in Burkina Faso per Il Progetto Matteo, un’iniziativa di cooperazione internazionale nata dall’incontro tra Unicoop Tirreno e il Movimento Shalom. Che cosa ti ha colpito di più quando hai visitato questo paese?
«La prima volta che ho visitato il Burkina Faso mi ha colpito l'accoglienza di questo popolo, che vive in una zona arida dove persino trovare l'acqua da bere diventa un'impresa, ma che non perde il coraggio e la forza di sorridere».

Qual è secondo te la forza del Progetto Matteo?
«Il Progetto Matteo è nato dalla forza di un nostro volontario che ha deciso di indirizzare il dolore per la perdita di un figlio per dare la vita e fare del bene a tanti bambini. Casa Matteo è vita che continua nell'amore e nella crescita di decine di bambini orfani, in una delle zone più povere e desolate del pianeta, alle porte del deserto del Sahara».

Quale persona del Movimento Shalom impegnata sul campo ti ha impressionato di più per coraggio, generosità, grandezza d’animo?
«Il coraggio e la forza di Gabriele che, nonostante abbia perso gli affetti più cari in maniera tragica e prematura, non ha perso la voglia di vivere e ha convogliato tutto il suo dolore per il bene dei più poveri fra i poveri».

 

Si dice che fare del bene fa bene anche (soprattutto) a chi lo fa. La pensa così?
«Sono perfettamente d’accordo. E’ sempre di più quello che si riceve di quello che si riesce a dare, non solo in termini economici, ma soprattutto come tempo, capacità, affetto, sentimenti, amicizia. La vera felicità sta nel dono e va condivisa».

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