Prova d’attore

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28 Marzo 2017
Dal teatro al cinema, alla Tv, oggi uno degli attori più amati dal pubblico delle fiction. Si presenta ai lettori di Nuovo Consumo il commissario Leonardo Cagliostro al secolo Lino Guanciale, il timido.
di Maria Antonietta Schiavina

Lino Guanciale

Occhi blu, fascino indiscusso, ma anche grande talento, nonostante una timidezza patologica che porta dentro tuttora. «Da ragazzino – afferma Lino Guanciale, abruzzese, classe 1979, uno dei volti più amati dal pubblico del teatro, del cinema, delle fiction – ero un vero e proprio disastro.
La gente intorno a me mi spaventava, vivevo bene solo nel mio mondo, chiuso nei miei pensieri, poco considerato dai miei compagni e ancora meno dalle ragazze che, proprio per quel mio modo di comportarmi, mi consideravano uno scorbutico con la puzza sotto il naso».

Ma come passava il suo tempo libero, se non aveva amici con cui condividerlo?
«In solitudine. Dopo la scuola mi rifugiavo in camera a leggere, immerso in un mondo interiore dove non c’era posto per gli altri. Ero anche pieno di tic: alcuni mi sono rimasti, come lo schiocco ripetuto delle dita, quello per intenderci che fa Enrico Vinci, l’imprenditore innamorato di Vanessa Incontrada nella fiction Non dirlo al mio capo (la serie di Rai1, andata in onda l’anno scorso, ndr). Un gesto non previsto nel copione, aggiunto poi dal regista che me lo aveva visto fare più volte».

Come reagivano i suoi genitori alla chiusura del figlio verso il mondo esterno?
«Con preoccupazione. Cercavano in tutti i modi di farmi uscire dal guscio ma senza risultato. Per questo mi iscrissero a rugby, uno sport di squadra che mi ha aiutato molto, anche se la mia vera salvezza è stata il teatro».

Quando si è avvicinato alla recitazione?
«Durante l’ultimo anno di superiori. Recitando mi sentivo a mio agio: era come una terapia d’urto che mi impediva di sfuggire al contatto con gli altri. L’esperimento funzionò e decisi che da grande avrei fatto l’attore, con grande disappunto di mio padre, medico, che avrebbe voluto trasmettermi la sua passione».

Poi che cosa accadde?
«Una volta capito che la mia era una scelta ponderata papà mi lasciò libero di scegliere la mia strada. E a 20 anni andai a Roma per iscrivermi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico».

Una scuola tosta con un esame di ammissione altrettanto tosto.
«Sì, ma non fu l’esame l’ostacolo più difficile. Nonostante l’esordio a teatro (Gigi Proietti mi chiamò per lo spettacolo Romeo e Giulietta), passavo molto tempo ad aspettare l’occasione giusta e i provini, che erano il mio terrore, non andavano sempre bene. Al punto che pensai seriamente di tornarmene a casa».

Per la felicità delle sue fan non concretizzò i suoi propositi.
«Mi feci forza e decisi di resistere. Dopo tante difficoltà arrivarono le prime particine. Fui scelto per i film Io, Don Giovanni, La prima linea, Vallanzasca e per la miniserie Una grande famiglia: il mio primo ruolo importante in televisione. Sono stato fortunato, ma ho avuto anche coraggio».

I tic e le paure però non sono spariti.
«No. Ma ho imparato a controllarli, trasformando i difetti in pregi, tanto che oggi uso i tic come esercizi per la concentrazione».

È vero che non ha mai voluto cambiare il cognome con un nome d’arte?
«Verissimo. Durante un provino, il regista mi disse che Guanciale non andava bene e che avrei dovuto cambiarlo. “Non ci penso nemmeno” fu la mia risposta e lasciai subito perdere il provino».

Ora la gente la riconosce per strada, la ferma per chiederle autografi e selfie. È soddisfatto?
«Direi di sì. Il successo mi ha regalato anche una sicurezza economica che, nei momenti in cui facevo fatica ad arrivare a fine mese, non mi sembrava più possibile, anche se a casa non dicevo nulla per orgoglio».

Cosa risponde alle voci che la vorrebbero presto protagonista della serie Don Matteo al posto di Terence Hill?
«Sono stato contattato dalla produzione, ma si è trattato solo di un approccio per vedere cosa ne pensavo. La cosa mi ha fatto molto piacere, ma per il momento Terence Hill resta a Don Matteo, un ruolo che ricopre meravigliosamente ».

Adesso lei è su Rai2, dove veste i panni del commissario Leonardo Cagliostro in La Porta Rossa, la serie di 12 puntate che andrà avanti fino al 27 marzo.
«Si tratta di una produzione Rai e Vela film, ispirata ai gialli di Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi. Un thriller a metà tra il giallo e il paranormale che mi vede insieme a due brave attrici come Valentina Romani e Gabriella Pession».

Per finire parliamo d’amore. Da tempo è fedelissimo a un’unica donna, Antonietta (Bello), attrice oltre che bellissima molto talentuosa. Il fatto di fare lo stesso lavoro non vi crea problemi?
«Al contrario. Ci si aiuta, ci si consiglia e i successi di uno sono quelli dell’altro. Per alcuni aspetti è un vantaggio, poi ci sono anche degli svantaggi, ma immagino che questo avvenga in ogni coppia».

Pensate di sposarvi?
«Per adesso stiamo bene così e un matrimonio non è previsto nei nostri progetti. Non è in ogni caso la nostra priorità».

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