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1 Ottobre 2017
Spinta dalle esportazioni e dai consumi alimentari, l’economia italiana prova a rialzare la testa sebbene continuino a pesare, e molto, le disuguaglianze tra generazioni e aree del paese. Nel Rapporto Coop 2017 sull'andamento della società e dei consumi il ritratto a due facce di un’Italia con i segni ancora visibili della lunga crisi, ma in lenta ripresa. Grazie anche all'impegno di Coop a tutela del potere d’acquisto delle famiglie.
di Dario Guidi

 

Pur portando ben visibili su di sé le cicatrici della lunga crisi economica di questi anni, l’Italia sta provando a svoltare. Anche le cifre contenute nel Rapporto Coop 2017 che fotografa l’andamento della società e dei consumi nel nostro paese, confermano che le famiglie, nonostante un salario reale ancora in calo (-0,6% quest’anno), stanno sostenendo i consumi, soprattutto quelli alimentari, al punto che la previsione è di arrivare a un +1,2% complessivo su base annua, mentre nel solo mondo della Grande Distribuzione nel primo semestre si è registrato un +1,7% nelle vendite. Un dato questo che è figlio di una crescita del 2,9% nell’alimentare, contro un calo del 2,7% nel non food. Cifre che confermano come, dopo diversi anni che hanno visto il carrello della spesa alleggerirsi progressivamente, ora la tendenza si sta invertendo.  

Fuori dal tunnel
Si cammina ancora su un terreno fragile e non consolidato, ma la tendenza è evidente. E dice che non è solo l’export a trainare la nostra economia, ma anche il mercato interno. Certo le disuguaglianze – per livelli di reddito, tra fasce di età e aree del paese – continuano a pesare e si sono anzi accentuate. Del resto siamo un paese con il 28,7% delle famiglie a rischio povertà (cioè 1 abitante su 4) e con paure, dall’immigrazione al terrorismo, che pesano più che negli altri paesi europei. Insomma l’indice che misura la felicità dal 2008 a oggi è sceso da un voto di 7,2 a 5,3, senza raggiungere la sufficienza, mentre in altre parti d’Europa si viaggia oltre il 6: in Francia 6,2, Spagna 6,3 e Germania 6,4. «Siamo di fronte a segnali di ripresa che vanno accolti positivamente, ma che riteniamo ancora deboli e intermittenti, se non ci saranno interventi strutturali a sostegno soprattutto della crescita del lavoro, riducendo le disuguaglianze generazionali – sottolinea Stefano Bassi, presidente di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori) –. I consumi altrimenti, pur con la ripartenza che c’è stata, corrono il rischio di girare a vuoto e di ritornare al punto di partenza ».
Dal canto suo Coop, per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie, ha garantito nel 2016 – e sta continuando a farlo nel 2017 – i prezzi più bassi a scapito dei margini aziendali. «In questi primi mesi dell’anno – spiega il presidente di Coop Italia, Marco Pedroni – a fronte di una variazione dei prezzi nel mondo dei beni di largo consumo, che nell’insieme del mercato è stata di +0,8%, Coop registra un -0,9%. Dunque sono quasi 2 punti di differenza che confermano il nostro impegno a tutela del portafoglio dei consumatori».

L’onore dei prezzi
Il ragionamento di Pedroni trova conferma nel fatto che Coop registra un aumento di vendite del 2,1% nei volumi, ma solo dell’1,2% nel valore. Del resto guardando in una dimensione temporale più ampia, cioè prendendo come base il 2001 e arrivando al luglio 2017, sul paniere di prodotti alimentari e bevande analcoliche l’indice di inflazione Istat di questi anni è arrivato a 140,1 contro il 119,2 di Coop, con una differenza complessiva di 21 punti. «Alla luce di questo impegno storico, prioritario per Coop, sui prezzi – prosegue Pedroni ci preoccupa che, in vista del 2018, stiamo registrando aumenti significativi nei prezzi di diverse materie prime: dall’olio d’oliva al caffè, dal latte al burro, a formaggi come Grana e Parmigiano. E aumenti ci sono anche nella carne suina e nel frumento sia duro che tenero. Poi c’è il petrolio per il quale si prevedono quotazioni in aumento; in alcuni casi queste variazioni superano il 30%, in altri siamo al 10%. È una situazione che terremo d’occhio e che cercheremo di contrastare perché, se l’inflazione da domanda è una cosa positiva, perché significa che i consumi sono in crescita, quella da costi rischia invece di produrre l’effetto opposto e di deprimere il mercato». Per questo tutta la filiera agroalimentare del nostro paese dovrebbe lavorare insieme per impedire che aumenti eccessivi rallentino la ripresa del paese. Sottolinea il presidente di Coop Italia: «sul piano del contenimento dei prezzi, Coop è pronta a fare la sua parte. Ma non accetteremo che qualcuno pensi di scaricare sulla distribuzione tutti i problemi, lo dico pensando prima di tutto alle industrie di marca che hanno margini di guadagno più alti».

Valori aggiunti
Coop, che resta la catena leader in Italia col 14,4% delle quote di mercato, nella sua impostazione strategica considera inseparabili gli aspetti di convenienza da quelli della qualità e dell’articolazione dell’offerta. «La leadership prima ancora che nei numeri – aggiunge Pedroni – sta nei contenuti e nei valori. Per questo continueremo il nostro percorso di rinnovamento del prodotto a marchio, con circa 200 nuovi prodotti che stanno arrivando nel corso dell’anno e altri 200 che si aggiungeranno nel corso del 2018. In parallelo proseguiremo campagne e progetti come Buoni e giusti con l’ulteriore estensione dei controlli sulle filiere di decine di prodotti, per contrastare lo sfruttamento nel mondo agricolo e tutelare i diritti. Poi c’è Alleviamo la salute per ridurre e, dove possibile, eliminare l’uso degli antibiotici negli allevamenti: una campagna che ha già ottenuto importati risultati e che arriverà a coinvolgere 1.600 allevatori e 33 milioni di animali. Senza dimenticare l’eliminazione dell’olio di palma da tutti i prodotti a marchio accolta con grande favore dai consumatori». E l’impegno continua.

A fin di benessere
Cibo soprattutto, poi sport e trattamenti estetici
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Come spendono gli italiani in nome di salute e benessere.
Cibo in primo piano. Nella fotografia di questa Italia in chiaroscuro il Rapporto Coop 2017 conferma una tendenza di fondo di quest’ultimo decennio: la rinnovata centralità del cibo, che deve essere buono, sano e che svolge nelle nostre vite una funzione sempre più strettamente legata alla ricerca di salute e benessere. Un cibo per il quale gli italiani sono pronti a spendere di più o comunque a rivedere le priorità d’acquisto.

«In effetti quello che la nostra indagine conferma – rileva il direttore generale di Ancc-Coop, Albino Russo – è che il cibo sta sempre più diventando una terapia, nel senso che è strumento grazie al quale tuteliamo direttamente la salute e dal quale dipende la nostra salute. Così, per un numero sempre più grande di persone, sono medici e naturopati che dicono che cosa mettere in tavola». Tante le cifre che lo confermano, a cominciare dal +16% nelle vendite dei prodotti biologici nel primo semestre 2017. Continua poi a crescere (+6,2%) la galassia dei cibi ricchi di particolari sostanze (fibre, vitamine ecc.) e dei cosiddetti free from, cioè privi di glutine, di grassi, di lattosio ecc.; la frutta secca, altro filone in voga, segna un +10,4%. Prodotti che, proprio per le loro specifiche caratteristiche, costano più degli altri. Ma il prezzo non arresta la loro corsa, favorita dal fatto che di cibo si parla ovunque. Salute e benessere sì, ma anche moda. Basta pensare al boom dei cosiddetti superfood (di cui Nuovo Consumo si è occupato nel numero si settembre), cioè alimenti che spesso vengono da mondi e tradizioni gastronomiche lontane (o magari solo dimenticate), ma dotati di caratteristiche salutistiche “speciali”, tanto che in molti li considerano un rimpiazzo delle medicine. Così si spiega come l’avocado sia diventato la passione di tanti italiani (+78% di vendite nei primi mesi del 2017); ma subito dietro in graduatoria c’è lo zenzero (+72%), l’olio di lino (+52%), i semi di lino (+44%), i semi di zucca (+43%), la quinoa (+39%) la curcuma (+22%), il goji (+16%) e via a seguire con canapa, stevia, semi di chia, farro (tutti sopra al 10% di crescita).
Ci sono poi i Sirt, sigla che accomuna prodotti in grado di attivare gli stessi geni sollecitati dal digiuno. Anche qui la crescita è esponenziale: +30% il mirtillo rosso, +23% il grano saraceno, +15% le noci, +13% il sedano e +11% i datteri. La ricerca di salute e benessere dunque viene sviluppata su più fronti. Lo conferma il fatto che un 69% di italiani è pronto a pagare qualcosa di più per avere un prodotto di qualità. In Germania ci si ferma al 61%, contro il 59% di Spagna e Regno Unito e il 51% della Francia. Qualità fa anche rima con contenuti e livelli di servizio che nel cibo sono inclusi. Infatti, nel primo semestre 2017, tra piatti pronti, spuntini, insalate pronte, piadine e pizze surgelate si segnala un +7,1%, tutte soluzioni rapide e veloci che aiutano i consumatori nella gestione delle faccende quotidiane. I consumi alimentari nel loro insieme, dal minimo toccato nel 2013, sono dunque in costante risalita, sebbene ancora 5 punti sotto al massimo toccato nel 2010, segno evidente che la crisi ha lasciato tracce profonde che solo il tempo potrà cancellare.
el frattempo i consumatori sono cambiati. Lo conferma indirettamente il fatto che in Italia si faccia più movimento: nel 2016 un 25,1% della popolazione ha fatto sport in modo continuativo (23,1% l’anno prima), più un 9,7% che lo ha fatto in modo saltuario (era il 9,5%). In più cala il numero di chi fuma (dal 23,7% nel 2012 al 19,8% del 2016) e cala il consumo di bevande alcoliche (dall’81% del 2006 al 77,3% del 2016). La voglia di salute e benessere porta anche un numero sempre più alto di persone a rivolgersi a centri estetici (giro d’affari stimato del settore 21 miliardi di euro), così come cresce il numero di chi fa trattamenti di chirurgia plastica o medicina estetica – dal botox all’acido ialuronico, dalla liposuzione alla mastoplastica additiva –. Chiudiamo la panoramica citando i 2 milioni di italiani che praticano yoga. Anche questo è un pezzo significativo di quella ricerca di salute e benessere che si incrocia costantemente con ciò che decidiamo di mangiare.

 

Italiano medio 
Fanatici dei social, attratti dalla tecnologia del futuro, sempre pronti a viaggiare, ma sempre più vecchi e col timore dell’immigrazione. Alcuni aspetti del popolo del Belpaese.

Dai tanti aspetti trattati nel Rapporto Coop 2017 viene fuori una sorta di carta d’identità degli italiani. Vediamone le caratteristiche principali. A proposito dell’attualissimo e controverso tema delle migrazioni, le cifre confermano che, alla luce dei tassi davvero modesti di natalità in Italia e del conseguente invecchiamento della popolazione, nel 2056 ci troveremo con una popolazione di 53,7 milioni di abitanti contro i 60,6 attuali. Per “resistere” c’è bisogno di milioni di nuovi italiani, specie nelle regioni del Sud che in proiezione futura registreranno uno spopolamento drammatico: dai 14,1 milioni di abitanti attuali a 10,6 tra 50 anni. Dunque, anche se l’immigrazione suscita timori sempre più diffusi (ma non sempre fondati), resta il fatto che a questi preoccupanti dati demografici non si può sfuggire se si vuole garantire un futuro al paese. Stando all’oggi ci confermiamo un popolo fanatico dei social con un 67% di persone attive (in particolare su Facebook) contro il 60% della Spagna, il 56% della Germania e il 47% della Francia. Siamo anche attratti dalle tecnologie del futuro, a cominciare dalle auto a guida automatica, e per il 61% degli abitanti del Belpaese l’intelligenza artificiale è una cosa buona per la società. Così si spiega anche perché 2/3 degli italiani sarebbero disposti a fare il telelavoro, un 10% anche rinunciando a una parte dello stipendio. Infine, anche se i dati di vendita di automobili sono in crescita costante, l’auto la usiamo meno con un numero di spostamenti ridotto del 20% dal 2008 ad oggi. Mentre aumenta la voglia di viaggiare e andare in vacanza: pur di partire, quasi 3 italiani su 4 sono pronti a risparmiare su cene al ristorante, su abbigliamento o su tempo libero. Del resto quest’anno la spesa pro capite per i viaggi è cresciuta del 5%.

 

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