Serve aiuto

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1 Aprile 2022
Cibo, vestiti, coperte, giocattoli, zaini per la scuola e tutto il necessario per fronteggiare l’emergenza umanitaria che non finirà con la guerra: questo è #coopforucraina. I primi risultati della raccolta fondi a sostegno i UNHCR-agenzia Onu per i rifugiati, Comunità di Sant’Egidio e Medici Senza Frontiere, impegnate laddove la popolazione ucraina soffre e rischia la vita, perché torni a casa o inizi una nuova vita in un paese accogliente. In segno di pace.

Non abbiamo più parole. Solo un gesto. Scritto sotto un grande Help. I colori quelli della bandiera ucraina e una colomba, simbolo di pace e di fratellanza. Insieme alle bandiere arcobaleno, il messaggio di Coop è stato subito forte e chiaro con #coopforucraina e subito soci e clienti hanno risposto in modo altrettanto chiaro per portare un aiuto immediato a donne, bambini e anziani in fuga da una guerra fino a poco tempo fa nell’ordine dell’impensabile – 1 milione arrivati nella sola Polonia nella prima settimana, al momento in cui scriviamo più che raddoppiati –, senza padri, mariti o figli grandi, rimasti a combattere in Ucraina.

Pronto soccorso
In una quindicina di giorni, per la campagna di raccolta fondi partita il 4 marzo, con UNHCR-agenzia Onu per i rifugiati, Comunità di Sant’Egidio e Medici Senza Frontiere, da anni presenti sul territorio ucraino con progetti ora convertiti in programmi di primo soccorso, le donazioni solo alle casse dei negozi di Unicoop Tirreno sono state di quasi 29mila euro (da parte di oltre 6mila soci). E nelle Coop tutte insieme sono stati donati da soci e consumatori oltre 500mila euro superando così, con il contributo iniziale di Coop, il tetto di 1 milione di euro. La raccolta fondi nazionale termina in questi primi giorni di aprile, mentre le singole Cooperative stanno già pensando ad altre iniziative locali di accoglienza e solidarietà. Cibo, vestiti, coperte, zaini, cartelle, giocattoli per i bambini, assistenza sanitaria, kit di primo soccorso, accoglienza al confine con l’Ucraina: a questo serve ogni euro donato, ma anche per sostenere le persone nel loro ritorno a casa o per rifarsi una vita qui da noi e in altri paesi. L’analisi dei fatti non ha per ora come prospettiva una sintesi, lo scenario del conflitto è mutevole e incerto, il numero di sfollati, di cittadini bloccati nelle diverse città varia ogni giorno, ogni ora, l’emergenza umanitaria non finirà con la guerra. Il disorientamento si pone come principio.

I giorni dell’abbandono
Hanno lasciato tutto, da un momento all’altro, nel cuore della notte, come Natalia, che ha raccontato alla Comunità di Sant’Egidio, che l’ha accolta a Varsavia, la sua storia, simile a quella di tanti altri profughi, e che noi abbiamo ascoltato da Massimiliano Signifredi, coordinatore della Comunità in Polonia, in diretta da Varsavia: «Il 24 febbraio, nella prima notte della guerra, Natalia faceva il turno notturno in un magazzino. Uscita a fumare una sigaretta vede nel cielo dei lampi e sente un boato. Chiama subito il figlio Danil di 10 anni e gli dice di preparare lo zaino. Insieme prendono un treno e se ne vanno da Kharkiv. Ecco la guerra irrompe – continua Signifredi – e distrugge la vita delle persone all’improvviso. Per questo hanno bisogno d’aiuto, devono essere accolte e accompagnate. Per questo ringraziamo Coop, per la sua tempestività nel dare avvio a #coopforucraina, per il senso di responsabilità ». Il senso di quest’impegno nelle parole di Marco Pedroni, presidente di Coop Italia e Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori): «Non potevamo rimanere a guardare; i nostri stessi soci, da sempre solidali e attenti cittadini del mondo, ci hanno chiesto di aiutare la popolazione ucraina. È la realtà di questa guerra drammatica che ci ha spinto ad agire; l’impegno per la pace e per la solidarietà da sempre costituiscono l’essenza della Cooperativa. Sappiamo che l’aiuto che potremo dare non risolverà i problemi di una nazione e di un popolo, ma è il nostro modo di agire, un contributo rapido e concreto alle persone colpite con lo spirito che da sempre anima il movimento cooperativo».

Lavoro sul campo
«Raramente negli ultimi decenni abbiamo assistito a un esodo così rapido – dichiara Chiara Cardoletti, rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino –. Il nostro personale è già presente in tutta la regione e stiamo rafforzando e ampliando i nostri programmi di protezione e assistenza per i rifugiati, a sostegno dei Governi dei paesi ospitanti. In Ucraina, stiamo lavorando in condizioni molto difficili: sappiamo che i bisogni sono enormi e restiamo ovunque il nostro lavoro possa contribuire a salvare delle vite. In questo momento è essenziale il contributo di tutti. Perciò ringraziamo Coop che ha scelto ancora una volta di garantire il suo prezioso aiuto alle popolazioni costrette a fuggire». Quanto alla Comunità di Sant’Egidio, il presidente Marco Impagliazzo – che in un recente passato ha ricevuto il Premio Ducci per la Pace – ci dice che «i fondi raccolti con #coopforucraina servono a sostenere i progetti che Sant’Egidio ha sul territorio ucraino, come le adozioni a distanza attive da anni, e per l’accoglienza ai profughi in Polonia e negli altri paesi confinanti, dove le nostre Comunità sono presenti e dove ci aiuta l’esperienza che abbiamo ormai da anni con il modello dei corridoi umanitari, vie legali e sicure che consentono di raggiungere i paesi d’accoglienza». Sul campo anche Medici Senza Frontiere che sta supportando a Kiev medici di diversi ospedali e centri sanitari. «La sfida più grande è individuare punti d’accesso alle regioni più colpite dai combattimenti – dichiara Stefano Di Carlo, direttore generale di MSF –. Nel frattempo stiamo inviando équipes in Polonia, Moldavia, Ungheria, Romania e Slovacchia per valutare e rispondere ai bisogni umanitari delle persone in fuga ai confini, mentre altre sono pronte a intervenire anche in Russia e Bielorussia».

Guerra e pace
Cibo, rifugio, coperte, giocattoli, dicevamo: in queste parole che in ucraino tappezzano i negozi delle Cooperative d’Italia la concretezza di un aiuto che non ha bisogno di tante parole. Intanto «Andrej è andato a combattere »: una signora ucraina lo diceva qualche giorno fa a chi stava all’altro capo del telefono con il tono di chi sa che Andrej sarebbe potuto morire, come una botta di gelo improvviso annienta le giovani foglie uscite allo scoperto all’inizio della primavera. La donna era qui, non chissà dove, nella sala d’attesa del medico, accanto a chi scrive: così guerra e pace diventano un problema immediato, vicino, che riguarda anche te. Qualche giorno fa nella Scuola della pace di Sant’Egidio a Varsavia una bambina di 7 anni prima di fare un disegno su ciò che sta accadendo all’Ucraina ha chiesto quali fossero i colori della bandiera russa. E alla domanda sul perché lo volesse sapere ha risposto: «perché per fare la pace bisogna essere in due». Semplice e disarmante come solo un bambino sa essere.  

 

" E' risvegliando le coscienze che si realizza una prima scelta di pace. Poi con l’accoglienza ai profughi, testimoni della guerra, così come ha fatto la Comunità di Sant’Egidio anche nel progetto con Coop. Ma poi si deve portare avanti una sensibilizzazione che deve interessare tutte le generazioni: dai più anziani, che possono ancora testimoniare come la seconda guerra mondiale abbia rappresentato un abisso del male, ai più giovani che devono gridare a voce alta il loro diritto non solo ad essere nati in un continente in pace, ma anche a volere invecchiare ugualmente nella pace. Perché cominciare una guerra è fin troppo facile, ma ricostruire la pace richiede a volte intere generazioni per la velenosa eredità che lascia a tutti i livelli di una società".
Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio

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