Una perfetta organizzazione

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19 Aprile 2017
Insegna a migliorare la gestione del tempo, a fare ordine, a organizzare lavoro e impegni quotidiani. Ma chi è il professional organizer?
di Jacopo Formaioni

Armadi sottosopra, decine di e-mail da leggere e centinaia di cose da fare in giornate di solo 24 ore. Il nostro quotidiano è una giungla di impegni in cui è difficile districarsi senza accumulare stress. Tanto che qualcuno ha pensato di aiutarci a farlo. È una figura nuova in Italia, quella che gli anglosassoni chiamano professional organizer, che fa proprio questo: migliora la gestione del tempo, riprogetta gli spazi, riorganizza e mette in ordine. Un professionista dell’organizzazione che risponde a un’esigenza sempre più diffusa e comune, per alleggerire la mente, ingombrata da troppe informazioni, e vivere meglio in modo organizzato.

Vediamo un PO
Hanno dai 25 ai 65 anni, ognuno con la sua specializzazione: c’è chi si è dedicato alle casalinghe e chi ai manager d’azienda, chi ai ragazzi che non riescono a darsi priorità, chi agli anziani che devono scandire la giornata in modo regolare. Gli ambiti di provenienza dei PO sono diversi: informatici, arredatori d’interni, formatori, architetti, addetti stampa, organizzatore di matrimoni, tutti insomma possono inventarsi professional organizer, basta avere predisposizione all’organizzazione e voglia di insegnarlo agli altri. E magari seguire i corsi di formazione dell’unica associazione italiana del settore, l’Apoi (Associazione Professional Organizers Italiani). «Il PO in America esiste dagli anni Ottanta, da noi è arrivato con lieve ritardo – afferma in tono scherzoso Sabrina Toscani, presidente Apoi e autrice del libro Facciamo ordine in casa, nell’ufficio, nella vita (Mondadori) –. Credo che in Italia ci sia un pregiudizio verso l’ordine, siamo un paese più incline all’estro creativo. Ma l’organizzazione libera molte risorse e ci concede più tempo libero. Siamo una piccola realtà, ma le richieste aumentano di giorno in giorno. Di solito veniamo contattati – spiega Toscani – quando alle persone aumentano i ruoli da ricoprire, un nuovo lavoro o l’arrivo di un figlio. Le affianchiamo nella vita di tutti i giorni, impartendo insegnamenti che spesso si apprendono in ambito familiare, come l’organizzazione del guardaroba o dei documenti. Quando il cliente ha imparato a gestirsi, il nostro lavoro è finito». Potremmo quasi dire che l’obiettivo del PO è l’estinzione del PO.

Tempo pieno
Multitasking senza essere pronti ad esserlo, rischiamo di disperdere tante energie e di diventare dipendenti da una tecnologia che ci fa perdere l’autonomia nella gestione del tempo. «L’aumento dei ritmi del nostro quotidiano ha assottigliato il confine tra vita privata e lavorativa, con la seconda sempre più invadente – afferma Ivana Pais, sociologa del lavoro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano –. Da una parte c’è la realtà di un mondo del lavoro più dinamico ed esigente, dall’altra un uso di mezzi mobili e della rete che ci bombarda di stimoli. Ciò ha generato il dibattito sul diritto alla disconnessione, ad avere cioè dei momenti in cui staccare del tutto dal lavoro. Introdotto in Francia e in molte aziende del Nord Europa, riduce gli stimoli e lo stress individuale, aumentando la produttività. Oggi è tutto un fiorire di app e soluzioni dall’approccio meccanico, che si concentrano troppo sulla quantità e non sulla qualità – puntualizza Pais –. Stiamo quantificando le nostre vite, forse dovremmo tornare ad apprezzarle di più». Cominciando col tagliare i rami secchi e fare un po’ d’ordine.

 

Confusione mentale
Caotici e disorganizzati? Una pessima abitudine, a volte sintomo di un disagio più profondo. La parola a Stefania Iazzetta, psicologa presso il Centro di psicologia cognitiva di Firenze e Grosseto.
Perdersi negli impegni e nel disordine a che cosa porta?
«Essere disorganizzati porta a uno stato di rimuginìo in cui l’attenzione si disperde. Le persone spendono risorse e tempo a riflettere su cosa devono fare. Ciò può portare a uno stato confusionale in cui si perde la sensazione di “qui e ora” associato a frustrazione e un generale stato di allerta».

Qual è il confine tra disorganizzazione fisiologica e patologica?
«È patologica quando causa un disagio significativo, sofferenza alla persona, o compromette la sua vita sociale e lavorativa. Per capire se si è affetti da una vera patologia è sempre opportuno consultare uno specialista in grado di analizzare caso per caso».

Quali sono gli strumenti migliori per risolvere i problemi legati alla gestione del tempo e degli impegni?
«Dipende dal tipo di problema. Si può lavorare con il problem solving, per analizzare la situazione e trovare soluzioni, o con tecniche legate alla gestione del rimuginìo, oppure imparando ad affermare le proprie posizioni ed opinioni senza farsi sopraffare dagli eventi».