Un fazzoletto di terra lunga e stretta: di qua il Mediterraneo, di là il Mar Libico. Che fa molto Africa, eppure è sempre gelato. E questa è la prima sorpresa. Ma toccherà abituarsi: dei pilastri, su cui probabilmente si basa l’immaginario di voi che state per regalarvi una vacanza nella più grande isola greca, al ritorno ne resteranno in piedi ben pochi.
Mare e monti
Si arriva a Iraklio, il capoluogo dell’isola, sì, ma ci sarà al massimo un lungomare adibito al passeggio delle famiglie e dei turisti in fuga dalle grigie metropoli. E invece l’atmosfera è quasi quella della metropoli, anche se tutt’altro che grigia: locali arredati con gusto sia estetico che musicale, pieni di giovani più o meno eccentrici, boutique per chi ha il portafoglio pieno, un Museo Archeologico tra i più rinomati in terra greca e soprattutto un’atmosfera frizzante e cosmopolita, una rarità in un contesto dove spesso solo gli estremi trovano spazio: il turista bruciato dal sole e l’autoctono che lavora per lui. 140mila abitanti, in fondo, sono più che sufficienti a fare una città vera. Iraklio, tuttavia, è spesso e volentieri solo un punto di partenza. Il punto di arrivo è il mare. O anche la montagna, che è quella del Monte Ida (quasi 2.500 metri), delle Gole di Samaria (un percorso di trekking di 16 km da cui gli inesperti escono stremati, convinti com’erano di fare una vacanza tutta daiquiri e ombrellone) e soprattutto dei paesini appoggiati in cima a salite dagli innumerevoli tornanti. Quando finalmente si raggiungono, in genere attirati dalla celebrazione di una Madonna, di un formaggio locale o dell’inizio di un raccolto, ci si sente davvero lontani da casa: noi, gonne o pantaloni cortissimi dai colori sgargianti e cellulari o macchine fotografiche alla mano, loro, occhi nerissimi incastonati in un mare di rughe, pantaloni alla zuava e un fazzoletto nero a frange annodato sulla testa. Sprigionano disapprovazione, quegli occhi, o forse è solo curiosità.
L’estate addosso
La diffidenza reciproca passa in genere dopo il secondo raki, una sorta di grappa distillata da uva e bevuta a colazione, come digestivo, come medicina, come aperitivo, a pranzo e a cena, rigorosamente autoprodotta. In fondo siamo uguali, dicono agli italiani che incontrano: “una fazza, una razza”. Sarà. Tornando sul livello del mare, comunque, il contesto torna ad assumere connotati familiari: bambini con palette e secchielli, corpi sdraiati ad arrostire e aperitivi al cala sole, nella versione classica (con spanakopita e tiropita, piccoli calzoni ripieni di spinaci o formaggio nei vassoi preparati nei bar vista mare), o più selvaggia (con ricci appena pescati, direttamente sulla spiaggia). In piena estate non ci si possono aspettare arenili deserti, quindi è meglio evitare la comoda zona intorno a Rethimno e puntare a Sud: non tutti avranno voglia di avventurarsi per le stradine sterrate che conducono agli angoli più reconditi dell’isola. Chi si lamenta dell’unica superstrada esistente su tutta Creta (presente solo sulla costa Nord), dovrebbe riflettere sull’altro lato della medaglia.
Benvenuti al Sud
Il Sud è meravigliosamente non attrezzato. Niente ombrelloni con lettini in file da 6 e niente strutture alberghiere: al loro posto tante piccole spiagge libere e taverne con tavoli disadorni e sedie impagliate. L’accoglienza non sarà a base di sorrisi in divisa da hostess, ma sarà quella di un cuoco che gira carne d’agnello sulla griglia (carnivori, i cretesi), mentre vi saluta con un cenno degli occhi. In acqua, poi, nessuna necessità di fare lo slalom fra corpi sguaiati: i greci se ne stanno volentieri immersi fino al collo, ma immobili. È questo il loro concetto di godersi il tempo libero: qualsiasi attività è un controsenso all’ozio. Ci sono, però, anche a Sud spiagge i cui parcheggi sono perennemente invasi dalle Toyota rosse degli autonoleggi cretesi. Tra queste c’è Matala, il cui potere attrattivo dipende in gran parte dalle grotte naturali che nei millenni mare e vento hanno scavato nelle sue pareti di calcare, occupate negli anni Sessanta dagli hippy di mezzo mondo. Alcuni di loro a Creta hanno messo radici, ignari del beneficio che avrebbero poi portato alla loro terra di adozione.
Sei un mito
Sono stati, infatti, gli ex hippy belgi, inglesi e italiani a mettere su contadini e affittacamere della zona contro il progetto, di recente naufragato, di costruire un mega porto a pochi km da Matala. Prima sudcoreani e arabi, poi investitori cinesi volevano dragare e cementificare come forsennati, fino a trasformare questo meraviglioso niente nel primo porto europeo per le navi provenienti dall’Asia. Che la posizione di Creta fosse invitante, d’altronde, se ne erano già accorti i minoici (una delle prime civiltà avanzate del Mediterraneo), che per commerciare i prodotti dalla loro Creta salpavano alla volta non della Cina, ma della Spagna sì. E la Spagna, nel 1700 a.C., doveva apparire davvero lontana. Quel che resta di quel remoto popolo si apprezza girando tra le rovine di Festo e di Cnosso (entrambe vicine ad Iraklio), quest’ultimo sede del mitico labirinto dove Teseo sfidò il Minotauro, grazie alla sua forza e al rinomato filo di Arianna. Ma la mitologia è anche dove non si paga il biglietto: nella caverna Dikteon, sul Monte Ida, dove nacque Zeus; nel lago Voulismeni, dove era solita immergersi la dea Atena; sull’isolotto di Dia, la cui forma a lucertola sarebbe la pietrificazione operata da Zeus ai danni di un gigantesco rettile che minacciava Creta. La guida migliore per l’isola è un’enciclopedia dei miti greci: offre suggestioni e libera la fantasia.