Strada facendo

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Quanta ricerca, tecnologia e fatica ci sono dietro quella merce chiamata asfalto.
di Giorgio Nebbia

Fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vari inventori e imprenditori si sono posti il problema di evitare la polvere sollevata, nelle strade del tempo, dalle strombazzanti automobili che si affacciavano nelle strade del mondo. Qualcuno ha così scoperto che varie rocce naturali contengono una materia catramosa che poteva essere fusa e stesa sulle strade che diventavano adatte al traffico automobilistico. Queste rocce asfaltiche si trovano in Sicilia, nel Giura svizzero, nel Canada, negli Stati Uniti e in molti altri paesi. Nel 1902 Ernest Guglielminetti (1862- 1943), cittadino svizzero figlio di emigrati italiani, propose al principe Alberto I di Monaco di “asfaltare” 40 metri di strada sul lungomare del Principato con una miscela di bitume caldo, ghiaia e sabbia. Guglielminetti, che chiamavano dottor Asfaltò, non volle brevettare la sua invenzione, ma fu onorato da molti paesi e governi.

Oggi asfalto e bitume sono termini merceologici ben definiti, ma nel corso del secolo passato la pavimentazione stradale è stata fatta nel mondo con diversissimi materiali per ottenere manti stradali lisci, che non usurano le gomme dei veicoli sempre più pesanti, che attenuano il rumore del traffico, che resistono alla pressione dei mezzi di trasporto e alla pioggia, al ghiaccio e al caldo. Per la pavimentazione stradale è stato usato asfalto ricavato dalle rocce esistenti in natura, poi catrame residuo della distillazione del carbon fossile (un catrame i cui fumi erano dannosi per la salute degli operai che dovevano scaldarlo e stenderlo sulle strade), poi il bitume che residua dalla distillazione del petrolio dopo la separazione della benzina, del gasolio e degli oli combustibili.

Il bitume viene miscelato con sabbia, ghiaia, pietrisco, e anche con polvere di copertoni usati. Il materiale per la pavimentazione stradale deve possedere caratteristiche fissate per legge e con rigorosi capitolati; i rivestimenti stradali devono essere di lunga durata e devono assicurare un basso attrito con le ruote in modo da diminuire i consumi d’energia e quindi l’inquinamento degli autoveicoli. Da alcuni anni sono stati addirittura inventati dei processi che permettono, quando il rivestimento stradale è usurato, di strappare via il manto superficiale che può essere macinato e fuso di nuovo e steso poi su altre strade, una forma di riciclo di molti materiali e di diminuzione dei costi di pavimentazione e manutenzione.

Quando sorpassate, talvolta con fastidio per il rallentamento che impongono al traffico, le squadre di operai che spargono la miscela calda e la livellano con i compressori, rivolgete un piccolo pensiero al contenuto di tecnologia e di fatica che tale operazione ha in sé.