Ordine di priorità

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Buttare via ciò che non serve più e fare spazio. L’arte del decluttering, che aiuta a liberare la mente e a mettere ordine nella vita.
di Barbara Autuori

Armadi riempiti all’inverosimile, cassetti straripanti, librerie ormai incapaci di contenere volumi che si moltiplicano senza fine. E poi documenti, foto, soprammobili, souvenir delle ferie, delle gite, delle feste comandate e non. Per non parlare di cantine e soffitte, ultime dimore polverose di tutto ciò che non entra più in casa. Una tendenza a trattenere che spesso ha radici profonde nel subconscio di ciascuno di noi.

Motivi di spazio

«Molti degli oggetti di cui non riusciamo a liberarci vengono investiti di significati emotivi e simbolici riconducibili a ricordi che si teme di perdere o a cui non si riesce a rinunciare», spiega la psicoterapeuta strategica breve Simona Lauri (www.milano-psicologa.it). Con il risultato che spesso ci si trova inondati da un mare magnum di oggetti superflui che finiscono per ridurre al lumicino gli spazi liberi della casa. «Un accumulo costante amplificato dalla società consumistica nella quale viviamo, basata sull’idea che l’accettazione sociale passi principalmente per ciò che si possiede», puntualizza Lauri. Liberarsi dall’inevitabile caos fisico (e mentale) che deriva da questo accumulo indiscriminato, tuttavia, si può, apprendendo e attuando l’arte del decluttering (dall’inglese to declutter, letteralmente “togliere ciò che ingombra”). Nata in America e Inghilterra, ma oggi sempre più diffusa anche nel Belpaese, questa pratica punta a fare ordine nei vari ambiti della vita liberandosi da tutto ciò che è superfluo. «Le tecniche di decluttering – avverte l’esperta – vanno applicate con decisione ma senza troppe forzature». Se da un lato infatti si deve affrontare (e combattere) la frustrazione che nasce dalla difficoltà a fare pulizia, dall’altro vanno rispettati il dolore e la paura legati a lasciare andare determinati oggetti.

In piena libertà

«Per qualcuno la molla che spinge a mettere ordine può nascere da un momento di passaggio o di crisi come un trasloco o la fine di una storia», aggiunge Lauri. Liberarsi di ciò che non serve può rappresentare un primo passo concreto per chiudere una porta e iniziare un nuovo corso. «Per qualcun altro – prosegue Lauri – queste contingenze possono essere troppo pesanti e allora può servire rimandare l’appuntamento, magari appuntandosi una data ben precisa sull’agenda ». Una volta innescato il meccanismo, comunque, la strada da affrontare sarà sempre più agevole e ricca di vantaggi e soddisfazioni. Il primo risultato sarà quello di aver liberato spazi fisici, una libertà materiale a cui si aggiungerà una sensazione di leggerezza accompagnata da un’accresciuta autostima per il passo che si è riusciti a compiere». Liberandosi del superfluo, in particolare di tutti quegli oggetti-zavorra carichi di passato, sarà possibile incasellare nella maniera giusta i propri ricordi e vivere il presente senza ingombranti fantasmi.

Capacità di orientamento
Ordine e caos, ossia come mantenere la barra dritta, ritrovare la strada quando ci siamo persi o cambiarla.

Che cosa significa vivere nel caos? E come si trova la propria dimensione di ordine? Quanto il mondo frenetico nel quale viviamo ci costringe ad una vita disordinata? Domande dall’accezione profondamente filosofica che abbiamo rivolto ad Adriano Fabris, docente di filosofia morale all’Università di Pisa. «Ordine – spiega – significa avere la capacità di dare una gerarchia ai vari aspetti della vita secondo una scala di valori che inizia da un punto di riferimento fondamentale». Una volta stabilito dunque cosa è più rilevante, sarà possibile ordinare tutto il resto. «Il caos, per contro, è proprio la mancanza di questo punto di riferimento, un aggancio al quale ancorare le scelte che riguardano la vita di ognuno». Individuata la propria stella polare sarà dunque più facile scegliere gli obiettivi da perseguire e attuare le scelte necessarie per raggiungerli. Tra il dire e il fare tuttavia c’è sempre di mezzo un bel mare da attraversare. Impresa non facile soprattutto quando le onde alte del disordine impediscono di vedere l’orizzonte. «L’uomo di oggi – conferma il docente – è spesso disorientato, non dispone di regole necessarie per fare scelte pensate e ragionate». Così il poco tempo che si ha a disposizione per riflettere produce spesso decisioni basate sull’impulso dell’emozione contingente che non sempre si rivelano le migliori. Come trovare allora la giusta direzione, quella indicata dalla stella polare che ognuno ha dentro di sé? «Quando capita di non sapere dove andare – suggerisce Fabris – è bene seguire il consiglio di Cartesio: se si perde il sentiero in un bosco bisogna cercare la luce tra gli alberi». Quel bagliore che ci aiuti a dare il via ad una riflessione per uscire dal disorientamento. «Utile anche se poco praticato – conclude a proposito Fabris - è porsi la domanda: dove ho sbagliato?». A volte è sufficiente (ri)pensare ai passi che ci hanno indotto sul cammino sbagliato, osservare il percorso da una prospettiva diversa trovando così nel disorientamento iniziale la possibilità di cambiare strada.