Noi siamo infinito

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Infinito, per sempre, senza fine. Le parole magiche che fanno fare alle compagnie telefoniche, e non solo, affari d’oro. Tutto merito della filosofia
di Rita Nannelli

Prima la parola “infinito” faceva venire in mente la poesia di Leopardi, le paroline magiche “per sempre” due giovani che si promettevano una vita di coppia a lunga conservazione, a “senza fine” scattava il ritornello della canzone di Gino Paoli cantata da Ornella Vanoni. Oggi a essere infiniti, cioè senza limiti, e forever – oltre alla giovinezza anch’essa eterna di questi tempi – sono i minuti di telefonate, gli sms, i giga di traffico internet, o i pacchetti con migliaia di film, cartoni e serie televisive on demand su smartphone, tablet, pc o Tv.
In saecula saeculorum secondo più solenni formule. Avremo tutti le nostre buone ragioni per desiderare di essere infinitamente collegati, chiamati, seguiti, commentati, e di fare altrettanto, sarà il nostro modo di disegnare una mappa catastale dell’esistenza che ci orienti. Ma non sono qui per dispensare psicologia spicciola, è che l’infinito come must quattro stagioni un po’ confonde.
Modaiolo come il cappello, le unghie verniciate, il fitness e il cibo sano, nel marketing questa nozione filosofica antica come il mondo diventa uno slogan-tormentone che funziona parecchio bene (a dispetto dei più gettonati luoghi comuni italici in base ai quali con la filosofia e compagnia umanistica non si mangia). “Che non ha principio né fine; che non ha limiti”: lo definisce il dizionario Treccani.
Sul muro esterno del tempio di Delfi, accanto alla più nota frase “Conosci te stesso”, ve n’era un’altra che dice: “Niente di troppo”. Nel mondo antico la virtù boccia gli estremi per difetto e per eccesso, la perfezione è avere un limite (Aristotele docet), tanto che chi osava andare oltre veniva punito con un supplizio infinito. Quindi l’infinito è un concetto negativo, sinonimo di confuso, indistinto, amorfo, opposto a perfetto che è finito, che ha forma. Invece la modernità è segnata da una violazione consapevole e inesausta dei limiti, che diventano provvisori, che si spostano di continuo. Viene in mente la frase finale del film Noi siamo infinito di Stephen Chbosky (autore anche del romanzo da cui la pellicola è tratta): “E in questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito”. La pronuncia un adolescente, e per gli adolescenti è pensata, ma colpisce anche il pubblico adulto.
Siamo entrati in un mondo illimitato dove tutto, almeno in apparenza, è possibile? O è la sete d’infinito costitutiva dell’uomo che ciascuno sazia a suo modo? Forse entrambe. Il pensiero filosoficoscientifico stesso, a ben guardare, consiste proprio nell’oltrepassare i confini, nel compiere un continuo viaggio di scoperta. Fatto sta che aziende e grandi compagnie hanno capito che il contrario di finito, limitato, circoscritto ci intriga moltissimo, titillano i nostri ancestrali bisogni e con il no limits fanno lauti guadagni. Mentre per i fisici contemporanei, alle prese con la teoria del tutto, l’8 rovesciato non può essere una soluzione. Ma questa è un’altra storia, speriamo non infinita.