Di cotte e di crude

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Dalle viola alle gialle, dalle bianche alle nere,ma gli italiani continuano a preferire le carote arancioni
di Silvia Inghirami

Può sembrare strano ma la carota è nata viola. Solo nel Cinquecento, attraverso degli incroci, i genetisti arrivarono a cambiarne il colore fino a quel distintivo arancione che oggi noi tutti conosciamo. Ciò in onore della dinastia degli Orange e in particolare di Guglielmo d’Orange. Ma la fantasia della natura e degli uomini non si è accontentata di due varietà: sul mercato troviamo un arcobaleno di sette colori, a cui possiamo aggiungere delle specie particolari e più pregiate.

A colori
La classica è quella arancione, dolce, dal sapore gradevole a tutti i palati, con livelli molto alti di betacarotene e di luteina, fondamentali per la salute della pelle e degli occhi. Poi passiamo a quella gialla, dall’aroma delicato e più alti livelli di luteina. Quindi la rossa, dal sapore caldo, ferroso, con un gusto che può ricordare la barbabietola, ricca di licopene. Viriamo quindi sulla viola, sempre dolce ma dal sapore più intenso e prolungato, e apprezzata perché ricca di flavonoidi, elementi noti per le loro proprietà antiossidanti, soprattutto contro i radicali liberi. La sorpresa arriva con la viola a pasta arancione: intermedia tra le due, è capace di stupire a tavola. Ai due estremi la nera e la bianca: la prima è del tutto simile alla carota viola e contiene antociani, antiossidanti con proprietà antitumorali; la seconda ha un grado zuccherino inferiore ma è ricca in sali minerali che le conferiscono un sapore più deciso e riconoscibile, che ricorda quello della pastinaca, l’ortaggio a cui somiglia. Entrambe sono considerate utili per prevenire l’accumulo di grasso nelle pareti delle arterie. Le “speciali” sono quelle che hanno ottenuto la protezione comunitaria divenendo a indicazione geografica protetta (Igp): la Carota dell’Altopiano del Fucino (Abruzzo) dal colore arancio intenso e di polpa croccante, e la Carota novella di Ispica (Sicilia) dal profumo intenso e aroma di erbaceo. Ma le carote si suddividono anche in base alla lunghezza (corte, mezzane, lunghe) e all’epoca di maturazione (precoci e tardive) e alle cultivar: la comune di Napoli (lunga), la Flakkee (precoce), la Grelot (corta, precoce), la tonda di Parigi (cortissima, da 3 cm a 5 cm), la Nantese (medio-lunga, forma cilindrica e punta rotonda) e la Chantenay (conica e con la parte finale della radice a punta).

Nel segno dell’arancione
Nonostante il ventaglio dell’offerta, i consumatori italiani prediligono sempre la carota tradizionale e nonostante il territorio della penisola sia particolarmente vocato (l’Italia è forse l’unico in tutta Europa in grado di produrle per 12 mesi l’anno) arriviamo a importarne 148mila tonnellate. Leader indiscussa nel mondo è la Cina che produce quasi 5 milioni di tonnellate di carote (il 26% circa della produzione mondiale); seguono a distanza gli Stati Uniti e la Russia. Dall’Unione europea viene oltre il 23% della produzione mondiale e in vetta alla classifica è la Polonia (16,5%), seguita da Regno Unito, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Francia. Il nostro paese nel 2016 ha prodotto circa 500mila tonnellate di carote: l’Abruzzo con 150mila tonnellate è al primo posto, davanti a Emilia Romagna, Sicilia e Lazio. Il consumo medio pro capite nazionale (dati Coldiretti) si aggira sui 7 chilogrammi. Una quantità veramente minima soprattutto se pensiamo ai benefici di questo ortaggio. La carota presenta, infatti, una notevole concentrazione di vitamine, sali minerali, carotenoidi e flavonoidi. È soprattutto ricca di betacarotene, un potente antiossidante, che combatte la formazione dei radicali liberi e favorisce la salute degli occhi e della pelle grazie all’estensina, una proteina che agisce sull’idratazione epidermica. Inoltre la carota rinforza il sistema immunitario e grazie alle fibre, migliora il metabolismo di intestino e fegato.

Pel di carota
A questi vantaggi si aggiunge la grande versatilità gastronomica: immancabili nel soffritto, per preparare sughi, ragù, minestre, arrosti, le carote possono essere servite come succo o centrifugato, come contorno, cotte o in insalata, al vapore, lessate o stufate, usate per una purea o una crema di inizio pasto, fino a divenire ingrediente principe di una torta. In estate i “malati della tintarella” ne fanno grande uso, sapendo che oltretutto sono povere di calorie (41 kcal per 100 g) e sono molto sazianti. Occorre, però, sapere che il consumo eccessivo di betacarotene può avere l’effetto collaterale di aumentare la pigmentazione giallastra della pelle. Nella top ten della frutta e della verdura più abbronzanti le carote sono al primo posto con 1.200 microgrammi di vitamina A o in quantità equivalenti di caroteni per 100 grammi di parte edibile, seguite dai radicchi (500-600), dalle albicocche (350-500), dalle cicorie e lattughe (220-260), dai meloni gialli e dal sedano (200), dai peperoni (100-150), dalle pesche (100), dai pomodori (50-100), dai cocomeri e dalle ciliegie (20-40).

Consigli per gli acquisti
Meglio biologiche e ancora con il ciuffo.
Come acquistare le carote e conservarle al meglio.
Quando si acquistano delle carote occorre accertarsi che siano sode e prive di macchie. Se hanno ancora il ciuffo fogliare sono sicuramente più fresche; se sono provenienti da coltura biologica si può avere la garanzia di una maggiore quantità di principi attivi e di assenza di pesticidi. In tal caso, si può mangiare anche la buccia, che è la parte più ricca di betacarotene. Per la conservazione è consigliabile non tenere le carote in frigo per più di 7 giorni, anche se, ad una temperatura di 0 °C e un’umidità percentuale tra 90-95, la radice si mantiene anche per diverse settimane conservando inalterate tutte le proprietà organolettiche. L’ideale è consumarle subito appena tagliate o poco dopo la cottura: la cattiva o la lunga conservazione dopo la cottura, infatti, può sviluppare nitrosamine, sostanze considerate cancerogene.

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