Da urlo

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Bizze, urla e no ostinati, piccoli diavoli crescono. Ma che tipo di genitore c’è dietro un bambino capriccioso?
di Barbara Autuori

Urla, strepiti, pianti, no ostinati e musi lunghi.Bizze e scatti d’ira che vengono normalmente classificati come capricci e con i quali ogni mamma e papà deve prima o poi confrontarsi. «Comportamenti che in determinati momenti della crescita, come tra i 2-3 anni o nella preadolescenza, sono da considerarsi normali », spiega la psicologa clinica Brunella Gasperini (www.facebook.com/ brunellagasperinipsicologa) che si occupa principalmente di relazioni di coppia e del rapporto genitori-figli. «Da parte degli adulti – avverte tuttavia l’esperta – c’è un po’ la tendenza a classificare come capriccio tutto ciò che interferisce o disturba le attività, le aspettative e i desideri dei genitori».

Tempo capriccioso
È, invece, importante comprendere che certi atteggiamenti sono prima di tutto espressione di forti emozioni nel bambino che, in quel momento, sta provando un disagio o una frustrazione. Un’immedesimazione non sempre facile da mettere in pratica perché i genitori si sentono spesso imbarazzati o spiazzati davanti a impuntature e scene madri, reagendo così in modo altrettanto impulsivo. «Il capriccio scuote intensamente anche mamme e papà, ne mette a dura prova l’equilibrio psichico e non di rado li spinge a rispondere con fermezza: una strategia del muro contro muro che però non funziona», avverte Gasperini. L’unica strada percorribile per affrontare al meglio un capriccio, infatti, sembra essere quella di mettersi nei panni del capriccioso. «Non esistono bambini tiranni ma solo bambini in difficoltà – afferma Gasperini –. Un piccolo intrattabile e dispotico è generalmente stanco, annoiato, insoddisfatto o stressato, probabilmente perché costretto in situazioni, compagnie e giochi non adatti a lui». E se si rifiuta di fare quello che gli viene richiesto forse sta esprimendo la sua difficoltà a fare quella cosa, a separarsi da qualcuno, a entrare in relazione con altri.

Piccoli diavoli
«Le proteste infantili – prosegue l’esperta – andrebbero rivalutate perché anche i bambini devono potersi rifiutare di fare, dire o comportare come gli adulti vorrebbero». A volte troppo impegnato a intrufolarsi nelle vite dei più piccoli, il mondo dei grandi ha la pretesa di gestirli e controllarli di continuo, senza lasciare loro alcuno spazio di libertà. “Fai così, vieni qui, smetti, mangia, gioca, dormi, non piangere, saluta”: così caricati di responsabilità, impegni e aspettative da parte degli adulti, non è raro che i bambini reagiscano in maniera opposta al punto che alcune dinamiche capricciose affondano le radici nelle responsabilità degli stessi genitori. «È stato provato – sottolinea Gasperini – che un atteggiamento capriccioso è tanto più spiccato nei piccoli quanto più oppressivo e intransigente è quello dei genitori». Con il risultato che più no si riceveranno più se ne diranno in una escalation di ostinazione che rischia di portare entrambi i contendenti all’esasperazione. «Studi basati sulle interazioni linguistiche tra genitori e figli – continua la psicologa – hanno evidenziato che, in genere, in una giornata i rifiuti degli adulti sono notevolmente più abbondanti dei consensi. Ad un uso ridotto di negazioni da parte dei genitori corrisponde invece una conseguente diminuzione dei no nei bambini».

Partecipazione emotiva
Come riuscire allora a comprendere quali sono i momenti in cui bisogna porre dei limiti invalicabili e quelli in cui si può (e forse si deve) lasciare spazio ai più piccoli? «Se da un lato un’educazione salda e responsabile non può rinunciare a fissare delle regole che rappresentano indispensabili strumenti di crescita, dall’altro non significa che debba restare ferma e che i genitori esercitino la loro autorità qualunque cosa accada». Se dunque non è il caso di assecondare ogni sfizio, sarà altrettanto utile leggere i rifiuti e le opposizioni dei più piccoli anche come strumenti di affermazione, emancipazione e crescita. «Ciò non significa che i capricci vanno tollerati, ma solo che sono inevitabili, tenendo conto che certe bizze appartengono anche alla vita adulta». Riflettere su ogni problema con atteggiamento versatile e creativo, non affidandosi tout court a regole e disciplina preordinate, aiuterà ad essere più comprensivi con il proprio bambino. «L’intervento dell’adulto – conclude la psicologa – deve puntare alla relazione emotiva con il figlio, anche quando è cresciuto, imparando a gestire le emozioni senza combattere l’ostinazione con rimproveri e minacce che spesso possono rinforzare i comportamenti negativi». Una rilettura emotiva dei capricci dei più piccoli che può aiutare anche gli adulti a comprendere quali dei propri comportamenti non sono del tutto adeguati.

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