Di rigenerazione in rigenerazione

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17 Maggio 2017
Non invecchia come si pensava, cresce più del previsto, si rigenera se ben allenato. Quello che ci gira per la testa non finirà mai di stupirci.
di Patrice Poinsotte

Riconoscere gli altri e sviluppare le relazioni sociali sono due abilità che ci consentono di aumentare le dimensioni del cervello, almeno fino a trent’anni. Ecco la straordinaria scoperta fatta recentemente in California presso lo Stanford neuroscience institute e pubblicata nell’autorevole rivista Science. Questo processo evolutivo, che inizia dall’infanzia e prosegue ben oltre quella che si considerava l’età limite, è la prova della grande plasticità del cervello. Allora che cosa ci frulla davvero in testa?

Segni d’invecchiamento
Accoppiando due tecniche di risonanza magnetica, l’IRMf che visualizza indirettamente l’attività del cervello e l’IRMq che valuta la quantità del tessuto cerebrale, gli scienziati californiani hanno osservato che un’area della corteccia cresce fino ai 25-30 anni. Si tratta della circonvoluzione fusiforme, la parte del lobo temporale che ci consente di essere più o meno fisionomisti. Delle informazioni queste utili per lo studio dell’invecchiamento cerebrale perché alla crescita dell’encefalo viene associato il fenomeno di rimodellamento delle sinapsi ed è l’arresto di quest’ultimo a dirci che la testa comincia a perdere colpi. In realtà ci sono due livelli d’invecchiamento: «Uno è quello della funzionalità dei canali percettivi – spiega Giuseppe Vitiello, fisico, specialista del cervello presso l’Università di Salerno – che ha a che fare molto con l’invecchiamento generale del corpo; l’altro è quello del cervello e del sistema nervoso, come generalmente intesi, in senso anatomico. È chiaro che i due livelli sono strettamente connessi e si influenzano a vicenda». Aspetti sostanziali questi che non sono tuttavia necessariamente legati all’età perché l’encefalo dispone di un insospettato potenziale di rigenerazione. È stato il ricercatore svedese Peter S. Eriksson a evidenziarlo alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, mostrando come cellule nervose dell’ippocampo potevano essere soggette alla mitosi, un particolare processo di riproduzione grazie al quale da una singola cellula se ne formano due geneticamente identiche alla progenitrice.

Mente aperta
Una scoperta che, non solo smentì il dogma che fissava il numero dei neuroni alla nascita, ma che rese necessario rivedere le convinzioni diffuse sulla capacità d’adattamento del cervello. Tanto più che l’ippocampo, come è stato mostrato dall’équipe di Pierre-Marie Lledo, direttore del dipartimento di neuroscienze dell’Istituto Pasteur, non è l’unica area di riproduzione delle cellule cerebrali. La neurogenesi, come la chiamano gli addetti ai lavori, si estende, infatti, a tutto il cervello. E questa rivelazione fa il paio con la sorprendente scoperta fatta in Belgio, all’Università di Lovanio, dove il professor Peter Carmeliet ha verificato che anche le meningi, strato protettore che inviluppa il cervello, nascondono una miniera di neuroni. Dunque dentro e fuori il cervello si rigenera tutto. Una svolta – di cui molto si è parlato tra gli studiosi nella Settimana mondiale del cervello dello scorso marzo – che apre nuove strade per la medicina rigenerativa specialmente sulla questione dell’uso di queste cellule nelle terapie legate ai danni cerebrali o alla neuro-degenerazione. Perché «un cervello invecchiato – precisa Vitiello – è quello che, per un motivo o per un altro, è parzialmente chiuso al mondo e, a meno che non si tratti di danni a masse cerebrali estese, si può parlare addirittura di reversibilità o recupero di funzioni perdute per invecchiamento».

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