Spirito di patata turchesa

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25 Settembre 2017
Presidi Slow Food
di Francesca Baldereschi

Turca, turchesa o turchesca. Così è definita, fin dal Settecento, la patata coltivata sulla montagna abruzzese, per sottolineare la sua origine straniera. La patata turchesa ha una buccia viola intenso, ricca di sostanze antiossidanti. Al suo interno la pasta è di colore bianco candido, ha un basso contenuto d’acqua, consistenza e granulosità medie, caratteristiche che la rendono adatta a diversi usi e cotture. È riconoscibile, oltre che per il colore esterno, anche per la forma irregolare, bitorzoluta, e i numerosi occhi profondamente incavati, segno genetico distintivo delle varietà antiche. Anche i fiori sono particolari, grazie alle sfumature azzurrine dei petali e alla loro lunga persistenza sulla pianta (se la stagione lo consente, può protrarsi fino a novembre).

Quest’antica popolazione, un tempo diffusa nelle aree montane abruzzesi, negli ultimi decenni è stata gradualmente sostituita da cultivar più produttive, rischiando la completa estinzione. Nel 2001, l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha avviato un importante progetto di recupero e valorizzazione. Oggi l’associazione dei produttori conta oltre 20 iscritti che si sono impegnati non solo nella coltivazione, fatta seguendo i principi di un’agricoltura a basso impatto ambientale, ma anche nella riproduzione dei semi. 

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